L'etiopia è un grande ed incredibile mosaico di razze e di etnie, un incrocio di culture e religioni.
Culture animiste sopravissute alla civiltà. (non so per quanto tempo ancora, viste le grandi antenne installate con i ripetitori che sovrastano i miseri villaggi segno inequivocabile dell'avanzare di quel progresso che a volte tale non è) Ogni etnia ha mantenuto una sua continuità nelle tradizioni e nei costumi forse grazie all'isolamento e all'ostilità reciproca in cui ha vissuto per secoli.
Paesaggi incantevoli di verdi colline, grandi piantagioni di mais e di cotone, bananeti rigogliosi, laghi pescosi, savana punteggiata da grandi acacie sulle cui fronde nidificano centinaia di specie di uccelli, fra cui i singolari e abilissimi tessitori. Purtroppo però il caldo torrido, le grandi piogge, le malattie, rendono queste terre inospitali,causano migrazioni e scontri fra le etnie per difendere i pascoli e le sorgenti. L'acqua e l'approvigionamento della stessa è l'elemento che scandisce il ritmo delle giornate, andare al pozzo,spesso lontano dal villaggio, portare le mandrie all'abbeverata. Il ritmo della settimana invece è scandito dalla successione dei mercati coloratissimi, sono luoghi di scambio, d'incontro e di socializzazione. Non c'è giornale ne televisione ne lingue scritte, (quelle delle tribù) il linguaggio è quello dei corpi dipinti o scarificati, delle acconciature sofisticate, dei monili, dei piattelli labiali e auricolari, degli abiti in pelle adorni di conchiglie e perline. Noi FRERENJI (uomini bianchi) cosi grassi e pallidi e vestiti, siamo elementi dissonanti fra i loro corpi dalle forme armoniche dove la pelle scura dipinta con terra color bianco e ocra rossa, è un vestito di bellezza e di primordiale sensualità. Anche le deturpazioni, le cicatrici, le frustate durante il rito del salto dei tori, l'omicidio stesso possono essere giudicate come usanze barbare e primitive, e lo sono sicuramente col nostro metro di giudizio, ma per quelle popolazioni significano sopratutto identità e senso di appartenenza, qualcosa che noi, uomini della globalizzazione abbiamo irrimediabilmente perso.
Vincenzo Garoia
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